Il mito di Narciso ed Eco. Narcisismo e dipendenza affettiva
Il mito di Narciso è uno di più conosciuti della mitologia classica. Narciso era un giovane dalla bellezza magnetica e irresistibile che mori’ annegato in una fonte, stregato dalla propria immagine riflessa di cui si era innamorato perdutamente. Nel mito, tratto dal III libro delle Metamorfosi di Ovidio, oltre al protagonista, sono presenti altre figure mitologiche che giocano un ruolo ricco di significati simbolici.
Narciso è il frutto di un rapporto violento. Il padre Cesifo, dio dell’omonimo fiume, violento’ e imprigiono’ la ninfa di fonte Liriope per possederne la bellezza. Da questo rapporto nacque un bambino bellissimo, Narciso. La madre, volendo conoscere il destino del figlio consulto’ l’indovino Tiresia : “Vivrà fino a quando non conoscerà sé stesso” fu la profezia del vate. Narciso, crescendo, divento’ un giovane bellissimo, dolce e raffinato, ma al tempo stesso insensibile e vanitoso, che rifiutava l’amore di quanti, uomini o donne, rimanevano folgorati dalla sua grazia.
La versione di Ovidio del mito di Narciso é la piu’ nota ma in quella di Canone si narra di Aminia un ragazzo innamorato di Narciso che, a differenza di altri non si rassegno’ al suo rifiuto e lotto’ ostinatamente per conquistarlo. Cosi’ Narciso gli regalo’ una spada e gli chiese di trafiggersi come estrema prova d’amore. Aminia si suicido’ obbediente ma, in punto di morte, maledisse Narciso invocando gli Dei.
La vicenda di Narciso, a questo punto del mito, si collega a quella della ninfa Eco, il loro incontro segna un epilogo funesto per entrambi. Ovidio racconta che la ninfa fu notata da Zeus per l’abile e instancabile parlantina e che il Padre degli Dei le chiese di distrarre a suon di pettegolezzi la propria moglie, Giunone, in modo che lui potesse tradirla con le ninfe dei monti. Ma Giunone si accorse dell’inganno e inflisse alla ninfa una terribile punizione: le tolse la possibilità di parlare e la condanno’ a ripetere per sempre le ultime parole udite dall’interlocutore. La sfortunata Eco, un giorno, mentre Narciso si preparava a tendere le reti per i cervi, incontro’ il bellissimo giovane e se ne innamoro’ perdutamente. Ma Narciso la ignoro’ e ridicolizzo’ preferndo la sua immagine a lei. Eco, piena di dolore, trascorse il resto della vita piangendo l’amore non corrisposto, finché di lei non rimase che la sola voce.
L’epilogo della storia di Narciso ci porta ad una fonte chiara come l’argento, non contaminata, nella quale il giovane si specchia. Vedendo quell’immagine riflessa così bella, Narciso prova una forte attrazione. Nel tentativo di abbracciare e baciare il bel fanciullo che gli sta dinanzi, Narciso muore annegato.
I dettagli del mito di Narciso sono preziosi per comprendere a fondo il suo potere evocativo universale e la sua influenza culturale e permettono di analizzare il disturbo di personalità che prende il nome dal tragico protagonista della storia: il narcisismo.
Narciso é il frutto di un rapporto violento. Si tratta di un elemento interessante, perché anche nella realtà il narcisista é concepito e allevato all’interno di una relazione coniugale dolorosa e fortemente sbilanciata. Spesso utilizzato per gratificare i bisogni affettivi di un genitore, cresce in un ambiente in cui gli vengono imposti standard molto elevati ai quali i genitori subordinano il loro amore “Devi essere perfetto o non ti ameremo”. Cosi’ il narcisismo puo’ essere inteso come un tentativo infantile di non soccombere alla confusione affettiva, un tentativo di non disgregarsi e dissolversi nel senso di inadeguatezza derivante dalle richeste di uno o di entrambi i genitori. La tragedia affettiva della famiglia di Narciso sembra permearlo totalmente, sino alla tragica fine: una morte acquatica, una morte per affogamento in una fonte che, osservata con occhio analitico, fa pensare a un tentativo inconscio di riunirsi alla madre Liriope e, allo stesso tempo, ripeterne il destino rimanendo inghiottito dall’acqua proprio come essa si lascio’ imprigionare da Cesifo, dio fluviale. Narciso, come i narcisisti, non conosce l’empatia: si mostra indifferente alle conseguenze sentimentali e umane della sua condotta e, anzi, sembra compiaciuto dal dolore che causa. Anche sul piano clinico, il narcisista disprezza tutti, tutti gli appaiono inferiori, sciocchi, ingrati, indegni e la violenza con cui li umilia é pari soltanto alla rabbia di non poter amare nessuno, rabbia che é rivolta interamente verso il prossimo, verso l’altro, verso l’esterno ritenuti colpevoli di lasciarlo solo a causa della loro deludente pochezza.
La ninfa Eco, che si consuma per l’amore non corrisposto sino a morirne, incarna, nel mito, la figura della dipendente affettiva: é una donna che rinuncia a se stessa, una donna che si perde in un sentimento privo di sostanza e di senso, un sentimento forse acceso e alimentato proprio dal rifiuto e dall’impossibilità di compiersi. Se si guarda a Zeus e Giunone come coppia genitoriale, Eco é una figlia utilizzata dal padre per i propri scopi e usata contro la madre. Zeus é un padre inaffidabile, scorretto, incostante ma intriso di un fascino indiscusso; Giunone é una madre severa, punitiva, che stabilisce con la figlia un legame condizionato a cio’ che quest’ultima puo’ fare per lei. Questi elementi ricorrono anche nella realtà dell’infanzia di chi poi sviluppa una dipendenza affettiva. Il ruolo della ninfa Eco aggiunge fascino al mito di Narciso, proprio come la dipendente affettiva, piu’ o meno consapevolmente, nutre e amplifica il sentimento di potere e di grandiosità del suo narcisista.
Nel mal d’amore, le “vittime” continuano a cercare il legame col partner designato sia quando ogni evidenza dimostra che il rapporto non funzionerà mai sia quando il partner le umilia, le maltrattta o le soggioga. Il mito di Narciso suona come un monito e sembra affermare che l’amore impossibile é realmente impossibile. Un messaggio semplice che attraversa i secoli, ma non raggiunge gli umani, né li distoglie dal contrastare le proprie fragilità.
“I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Sopravvivere alla dipendeza affettiva e ritrovare se stessi”
di Enrico Secchi.